UNA GITA A MANZIANA
di
Sergio Licinio Greco

 

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Voi lo sapete come comincia un'avventura? Io no, non lo so. Anzi non lo sapevo fino ad oggi, Domenica 11 Novembre 2007, quando mi sono accodato al gruppo dì "Sentiero Verde" guidato da Fabio Piferi e Anna Pigliautile per una passeggiata all'interno del "Monumento naturale della Caldara di Manziana". Da principio, la definizione di "Monumento naturale" genera un leggero fastidio perché sembra un'etichetta eccessivamente pretenziosa e pomposa appiccicata ad un tratto minuscolo di territorio nazionale che, per quanto generalmente se ne sa, non ha altro di particolare se non il lago di Bracciano e le foreste della Tuscia. In effetti, quando si cammina all'interno di quel piccolo segmento di Lazio settentrionale non lontano dal mar Tirreno, si fanno alcune scoperte che giustificano completamente la sua monumentalità intesa non nel senso della grandiosità, ma nel senso della necessità di conservare ciò che la Natura, con una sua scelta certamente bizzarra e sorprendente, vi ha inserito, forse intenzionalmente e forse no, a rottura dell'armonia territoriale.

Non si pensi che qui si tenti l'esaltazione a fini bassamente pubblicitari di un comprensorio che dista meno di 50 chilometri da Roma e che, turisticamente e commercialmente parlando, è ancora all'anno zero. Qui si cerca soltanto di esprimere lo stupore per la permanenza di un'area che potrebbe essere definita, con evidente improprietà di linguaggio, anche di paleo vulcanismo. Se ci si riferisce al lago di Bracciano è evidente che si tratta di una conca naturale vulcanica che ospita il bacino lacustre dove ormai è estinta ogni manifestazione di vitalità geotermica. Ma se si allarga l'osservazione al territorio circostante al lago si rileva la presenza, anche se assai modesta, di elementi di vulcanismo attivo come soffioni, fumarole e persino di un geyser.

I soffioni boraciferi di Larderello (Pisa), le fumarole di Pozzuoli (Napoli), le vene calde del Monte Amiata (Grosseto) che oggi consentono estese produzioni di fiori in serra al posto delle esaurite miniere di mercurio, sono fenomeni vulcanici che, insieme alle sorgenti termali e alle solfatare, sono presenti in quasi tutte le nostre regioni. Quindi il vulcanismo, tralasciando l'Etna, il Vesuvio e lo Stromboli, noi lo conosciamo bene, ci siamo abituati, anzi spesso dimentichiamo addirittura quanto esso possa essere pericoloso e ci comportiamo come se ormai lo avessimo del tutto addomesticato. Ma un geyser nelle vicinanze di Roma è diverso, è sorprendente perché noi siamo abituati ad avere conoscenza dei grandi geysers americani e australiani; qualcuno di noi ha anche visitato il Parco Nazionale USA di Yellowstone, qualcun altro ha visto le fotografie o i filmati di "National Geografic" e di "Super Quark", ma di certo sono assai meno coloro i quali hanno impresso le loro orme nel terreno arido, semisterile per la solfureità, puzzolente e limaccioso della "Caldara di Manziana". Che bel nome è questo di "caldara", cioè caldaia naturale, come il "caldaro" che non è altro che un grosso recipiente per farvi bollire l'acqua o anche i pomodori quando a fine estate le famiglie preparano la salsa per l'inverno. Anche la Natura prepara il suo bollito per tutte le stagioni. Ma "caldara" sta anche per "caldera" che è la vasta depressione, a forma d'imbuto in corrispondenza di un cono vulcanico, che si genera quando il condotto magmatico si sgretola e sprofonda a causa delle fortissime pressioni Interne.

Caldara, caldera, caldaro, caldaia tutte parole che hanno origine dal latino "calidus" o "caldus" che esprime il calore, principalmente quello dell'acqua e che, anche se allora non esistevano i maccaroni, a noi richiama immediatamente alla mente un bel piatto di pasta asciutta.

Quando ci siamo messi in movimento, partendo dalla stazione della Metropolitana di "Rebibbia", abbiamo formato un corteo di auto che si è mosso seguendo la vecchia e gloriosa "Passat" di Fabio e Anna. Saliti sul Raccordo anulare, lo abbiamo lasciato prendendo la "Cassia bis" fino alle Rughe (la località resa celebre dall'ex Presidente della Repubblica, Giovanni Leone, che vi si ritirò con la famiglia dopo le sue dimissioni dalla carica) e di qui, un poco tortuosamente si è presa la strada per Manziana, superandola e dirigendoci per la "Caldara".

E' questa un'area fortunatamente rimasta allo stato quasi naturale, non ci sono alberghi, bar e ristoranti, ma una sobria costruzione in pietra e in legno che ospita le guide del parco (sarebbe bello poterli chiamare rangers). Ma noi le guide ce le siamo portate da Roma e sono Fabio e Anna. Fabio in testa che apre la marcia e Anna (in funzione di cane pastore) in coda per recuperare i soliti svagati che seguono una loro guida interiore e si lasciano pericolosamente distanziare dal gruppo. Fabio è una miniera di nozioni botaniche e mineralogiche che distribuisce generosamente a tutti coloro che gli marciano al fianco intenzionati a non perdere una parola. Ed è con viva sorpresa che non molto tempo dopo aver cominciato la passeggiata, Fabio si ferma e, dopo aver pazientemente atteso che intorno a lui si formi una piccola folla attenta ci invita a guardarci in giro e scopriamo così che gli alberi dalla bianca corteccia in mezzo ai quali ci troviamo sono betulle. Le nostre scarse nozioni di botanica collocavano le betulle all'interno delle foreste fredde e nevose delle valli alpine, ma soprattutto nella taiga siberiana e nelle pianure finlandesi. Fabio spiega che si tratta della sopravvivenza di questa essenza arborea dai tempi delle grandi e piccole glaciazioni, da cui - a quanto sembra - siamo usciti da appena un paio di secoli.

E' evidente che oggi è la giornata in cui le nostre misere conoscenze di vulcanìsmo e di botanica sono pressoché totalmente sconvolte, ma non basta, perché ci accorgiamo che nonostante che si sia ormai prossimi al mezzogiorno fa molto più freddo che nelle prime ore, quando ci siamo incontrati a Roma. Fabio spiega che la caldara di Manziana ha un microclima nordico - ed ecco spiegata la sopravvivenza delle betulle in un'area laziale che non arriva a 350 metri di altitudine ed è non lontana dal mare - che la isola in tutte le stagioni dalle condizioni climatiche circostanti che sono quelle consuete delle pianure dell'Italia centrale. E ricorda che qualche anno addietro, un suo gruppo nella stessa area si trovò in difficoltà per una bufera di neve che in meno di un'ora depositò sul terreno 50 centimetri della coltre bianca. Quale fu la sorpresa del gruppo quando scoprirono che la tempesta di neve si era abbattuta esclusivamente nell'area della caldara, mentre a Manziana aveva piovuto appena un poco. Quindi non soltanto paleo-vulcanismo e archeo-botanica, ma anche condizioni meteorologiche del tutto particolari. Non sembra davvero poco per un territorio piuttosto ristretto, aperto ai venti e non difeso da un'orografia imponente. E' evidente che ci troviamo di fronte a molteplici anomalie che hanno creato un eco­sistema molto particolare, anzi unico nel nostro territorio nazionale.

Avviandoci a percorrere l'ultimo tratto della nostra passeggiata, giungiamo al geyser, un piccolo getto d'acqua che si eleva dal terreno per non più di un metro e mezzo, che nella sua parte più alta, laddove la spinta del vulcano è vinta dalla forza di gravità e l'acqua ripiega su se stessa per ricadere velocemente, ha un corpo che si può stimare in circa 20 centimetri di diametro. E' una pozza di liquido biancastro-­giallastro che emana odore sulfureo e che a sua volta è circondata da una più ampia area nerastra di consistenza paludosa, all'interno della quale - ennesima sorpresa - alcune piante crescono, incredibilmente rigogliose, nutrendosi evidentemente dei sali di zolfo che colorano di screziature gialle l'ampio tratto di terreno leggermente in salita che circonda il geyser. E', questo, un terreno chiaramente vulcanico ricco di tufo, pomice, ma anche di rocce dure, come il nero basalto e il grigio granito. Insomma, sembra che la Natura abbia voluto dare prova della sua capacità di stupire, mettendo una accanto all'altra stramberie improponibili. Ma anche gli uomini, lì, sembrano essersi adeguati. E la prova di ciò è nel pascolo libero di una sparuta mandria di vacche pelle e ossa che, certamente, vorrebbero avere tra i denti, almeno qualche volta, qualcosa di diverso dagli sparuti fili d'erba che disperatamente affermano la loro vitalità e la loro voglia di vivere in un terreno essenzialmente inidoneo. Le vacche, come in India, vagano libere, indolenti, per nulla infastidite dal vociare delle comitive. Magre che sembrano le radiografie di se stesse, sono istupidite dalla fame e si aggiungono alla conta delle stranezze che in poche ore e in pochi ettari abbiamo potuto osservare.

Rimane una curiosità e riguarda gli abitanti di quella zona: come sono loro? Sono strani come tutto ciò che li circonda? Oppure, e sarebbe una stranezza, sono normali? Non sarà il caso di organizzare una nuova gita, ma non più alla caldara, bensì a Manziana città per entrare in contatto con la fauna umana e verificare. Perché come diceva uno che aveva girato il mondo e aveva visto molte cose "dietro l'angolo non sai mai che cosa ti aspetta e chi incontri. A volte, anche il Diavolo".

 

Roma, 4 Febbraio 2008.

Ma chi ce lo fa fare