ECC.MO CONSIGLIO DI STATO

IN SEDE GIURISDIZIONALE

 

RICORSO IN APPELLO

 

 

 

Nell’interesse dell’Ente Parco Regionale dei Monti Lucretili  C.F. 94008720586 in persona del legale rappresentante p.t. Dr. Paolo Piacentini,  giusta i poteri spettanti allo stesso ai sensi dello Statuto, con sede in Palombara Sabina (RM) Viale A. Petrocchi snc, rappresentato e difeso, nel presente procedimento, giusta delega a margine del  presente atto, dall’Avv. Alessio Petretti, abilitato al patrocinio innanzi le giurisdizioni superiori, presso lo studio del quale, sito in Roma, Via degli Scipioni 268/A, risulta elettivamente domiciliato, nonché dall’Avv. Valentina Stefutti.

 

Contro

 

Radio Subasio s.r.l., rappresentata a difesa dall’Avv. Claudio Chiola ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, Via della Camilluccia 785  - 00135 (resistente)

 

e nei confronti di

 

Comune di San Polo dei Cavalieri, rappresentato e difeso dall’Avv. Paolo De Camelis, e domiciliato in Roma, Via D. Azuni 9 – 00196 (controinteressato)

 

Comune di Marcellina, rappresentato e difeso dall’Avv. Mauro Fiore e domiciliato in Roma, Via Giuseppe Chiovenda 106 -  00173 (controinteressato)

per l’annullamento, previa frattanto la sospensione degli effetti

 

dell’ordinanza del TAR Lazio – Sez. II bis n.2352 del 9 maggio 2008 (doc.1) resa nel procedimento RG 5223/07, comunicata dalla  all’Amministrazione appellante  dalla cancelleria del TAR Lazio in data 4 giugno 2008 (doc. 2) che ha accolto l’istanza cautelare proposta dal ricorrente in primo grado avverso il provvedimento dell’Ente Parco Regionale dei Monti Lucretili del 9 aprile 2008 “Istanza Sig. Mario Settimi in qualità di legale rappresentante della Società Radio Subasio s.r.l. – a seguito della comunicazione del Nulla Osta Idrogeologico (prot. 011778 del 25.1.08) (doc.3)

 

FATTO

 

Ai fini di una migliore comprensione della vicenda, è utile premettere un breve quadro fattuale.

Il presente giudizio scaturisce  dal ricorso RG 5223/07 presentato innanzi al TAR Lazio dalla Società Radio Subasio s.r.l. in cui la predetta  società  aveva originariamente impugnato il provvedimento n.241/07 (doc.4) con il quale il Comune di San Polo dei Cavalieri (RM)   aveva asseritamente disposto la sospensione, quale misura di salvaguardia, della richiesta di installazione di un impianto di radiodiffusione, costituito da un traliccio autoportante  metallico e da locali accessori, alto 92 metri, da collocarsi sull’area sommitale del Monte Gennaro (1272 m.) , in zona B del Parco Regionale dei Monti Lucretili, classificata anche quale Zone di Protezione Speciale (ZPS) “Monti Lucretili” (codice IT6030029) ai sensi della Direttiva 79/409/CEE (cd. Direttiva Uccelli)e ubicata  a breve distanza dal Sito di Importanza Comunitaria (SIC) “Monte Gennaro” (codice IT 6030030).

L’area oggetto dell’intervento, pur  ricadendo interamente nel Comune di San Polo dei Cavalieri, risulta(va) accessibile unicamente attraverso una proprietà privata sita nel Comune di Palombara Sabina, di proprietà della Società Immobiliare Parioli di Monte Gennaro.

Al contempo, l’area interessata dall’esecuzione del progetto gravato, risulta(va)  vincolata, sotto il profilo urbanistico, a zona verde di rispetto, mentre sotto il profilo paesaggistico, era ed è  sottoposta a tutela in regime particolare  ai sensi del DM 27.10.1975. Vieppiù, oltre ad essere dichiarato bene di interesse pubblico ai sensi della L.431/85, l’area interessata dall’intervento risulta(va)  gravata da uso civico e vincolata sotto il profilo idrogeologico, ai sensi del RDL n.3267/23.

 

Tanto premesso, l’Ente Parco Regionale dei Monti Lucretili, è stato istituito quasi venti anni fa, con LR 26 giugno 1989 n.41 ed è dotato di Piano di Assetto definitivamente approvato dalla Regione Lazio e pubblicato sul BURL n.11 del 20 giugno 2000.

 

Ad ogni buon conto, con DGR 24 aprile 2003 n.386 (doc.5), considerato  che nella località Monte Mario a Roma erano stati installati una pluralità di impianti di telecomunicazione che più volte avevano determinato il superamento dei limiti di cui al DM 398/98, la Regione Lazio aveva chiesto, ai sensi dell’art.2 della legge 20 marzo 2001 n.66, il trasferimento di diverse emittenti telefoniche, tra cui si annoverava anche Radio Subasio, andando ad indicare, come idonei, tre siti alternativi, tra i quali tuttavia non figurava Monte Gennaro.

Successivamente, in data 11 febbraio 2003, la Regione Lazio invitava le emittenti radiofoniche indicate nella predetta delibera  a trasmettere una proposta di riallocazione dei propri impianti in altra zona del territorio regionale “tenendo conto dei vincoli di legge e del rispetto dei limiti di esposizione  ai campi elettromagnetici previsti dalle norme di legge”.

 

Di tal che, in riscontro alla nota della dell’Amministrazione regionale dell’11 luglio 2003 (doc.6) con nota 22 luglio 2003 (doc.7), Radio Subasio inoltrava al Dipartimento Ambiente della Regione, nonché agli altri enti competenti, il progetto preliminare e radioelettrico, corredato di Studio di inserimento paesaggistico (SIP) di un sito da collocare sul Monte Gennaro e destinato ad ospitare il proprio impianto, congiuntamente a quello di “Radio Maria”, nonché gli impianti radio già attualmente installati in una zona differente del Monte Gennaro, nel Comune di Palombara Sabina.

Conseguentemente, il 20 febbraio 2004, la Direzione Ambiente e Protezione Civile del Dipartimento Territorio della Regione Lazio, per il 16 marzo successivo, convocava una conferenza dei servizi, al fine di definire la localizzazione degli impianti di emittenza radiofonica ed acquisire i pareri dei soggetti istituzionalmente competenti.

 

Alla Conferenza dei Servizi in parola, presieduta dal Dott. Mondino in qualità di rappresentante della Regione, partecipava anche il Dott. Boldrini, in rappresentanza dell’Ente Parco dei Monti Lucretili.

A quanto risulta all’odierno appellante, nessuna determinazione conclusiva della conferenza dei servizi  è mai stata  assunta successivamente alla chiusura della stessa.

 

Ad ogni buon conto, l’Ente Parco, nella predetta sede, non ebbe mai a rilasciare alcun parere (rectius: nulla osta) favorevole stante che, come risulta dalla documentazione versata in atti, il Dott. Boldrini dichiarò espressamente che “al fine di poter esprimere parere favorevole sulla proposta del nuovo sito destinato agli impianti di che trattasi…. porrà un quesito alla Regione per accertare, nello specifico caso in questione, la fattibilità della proposta…”(doc.8)

 

Come si vede, quanto dichiarato dall’Ente non può in alcun modo essere considerato un parere favorevole, né tantomeno un nulla-osta, persino senza considerare che la richiesta di parere formulata alla Regione Lazio è rimasta, ad oggi, affatto priva di riscontro, nonostante l’Ammnistrazioe regionale si fosse espressamente impegnata in tal senso in occasione della più volte citata Conferenza dei Servizi.

 

I dubbi in merito all’assentibilità del progetto avanzati dall’Ente Parco, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 13 della legge 6 dicembre 1991 n.394 e 28 della LR n.27/97, scaturivano dalla circostanza che, a mente dell’art.24 della NTA del Piano di Assetto, “nelle aree ricadenti all’interno del Parco, solo nel caso in cui risultino specificamente consentiti dalla normativa del presente PdA, e quando non sottoposte a procedure di VIA, dovranno essere accompagnati dallo Studio di Inserimento Paesistico (SIP), di cui all’art.30 della LR 24/98, come integrato nel presente articolo, i progetti relativi alle seguenti opere….Diramazioni di elettrodotti, metanodotti, acquedotti e altre reti infrastrutturali (piloni, tralicci) fuori terra”.

Come si vede dalle lettera della norma testè citata, la possibilità di realizzare tralicci all’interno del perimetro dell’area protetta passa(va) dalla positiva circostanza che tali interventi si annoverassero tra quelli consentiti nelle singole aree del Parco. Orbene, anche ad una lettura affatto superficiale dell’art.26 delle NTA (“Livello di tutela – zona B – Riserva Orientata”) può facilmente evincersi come nell’area sommatale del Monte Gennaro, che secondo la zonizzazione operata dal Piano di Assetto – come si è visto, da lungo tempo già ritualmente approvato dalla Regione – tra gli interventi consentiti in Zona B non contempla  di certo l’istallazione di reti infrastrutturali fuori terra. Di qui i (fondati) dubbi avanzati dall’Ente Parco in ordine all’assentibilità dell’intervento (doc.9).

 

Ad ogni buon conto, il Comune di San Polo dei Cavalieri, con DGC n.241 del 17 aprile 2007, preso atto della “Variante del Piano Territoriale di Coordinamento per la localizzazione degli impianti di remittenza in attuazione del ‘Piano nazionale di assegnazione delle frequenze per il sistema televisivo regionale’”, approvata in data 13 marzo 2007 dalla Giunta Regionale del Lazio (doc. 10) con propria deliberazione, che obbligava diverse emittenti pubbliche e private a trasferire i propri tralicci-impianti in diciannove nuovi siti, tra cui figurava Monte Gennaro, considerata l’imponente vincolistica gravante sul predetto sito e tenuto conto che questo incombeva sul cento abitato di Palombara Sabina, ritenendo da un lato che la decisione fosse stata assunta arbitrariamente dalla Regione Lazio, in assenza di alcuna forma di partecipazione e di coinvolgimento delle popolazioni locali e dall’altro che le realizzande infrastrutture potessero risultare foriere di danno sia sotto il profilo della salute pubblica che dell’ambiente, si opponeva alla predetta Variante, dando al contempo mandato al Sindaco di attivare uno specifico tavolo di confronto con tutte le istituzioni locali, compreso l’Ente Parco.

 

Avverso tale provvedimento, e sul falso presupposto che il Comune di San Polo avesse sospeso in via cautelativa l’installazione del traliccio, la Società Radio Subasio, con ricorso RG 5223/07, incardinato presso il TAR Lazio, mai notificato all’odierno appellante, insorgeva avverso il provvedimento de quo, chiedendone l’annullamento, previa frattanto la sospensione degli effetti.

Di tal che, la Seconda Sezione Bis del Tribunale Amministrativo adito, con ordinanza 5 luglio 2007 n.3326 (doc.11), aderendo alle prospettazioni della Società,   accoglieva la domanda cautelare proposta dalla ricorrente, sul presupposto che non residuasse, “al di là del  procedimento unico per l’ottenimento dell’autorizzazione all’installazione di infrastrutture per la comunicazione elettronica, in capo al Comune alcun ulteriore potere decisorio sui profili edilizi”.

 

Successivamente, la Società Immobiliare Parioli di Monte Gennaro (doc.12), proprietaria della strada di accesso alla sommità del Monte, dove, come si è visto, doveva essere collocato l’impianto, chiedeva, tramite il Comune di Palombara Sabina, se fosse stato rilasciato il nulla osta dell’Ente Parco. Di tal che l’Ente replicava di non aver mai rilasciato alcun provvedimento autorizzatorio a Radio Subasio, né di aver mai autorizzato l’accesso ai mezzi necessari all’installazione del traliccio.

Al contempo, con nota prot. 5557 del 17 ottobre 2007 (doc. 13), l’Ente Parco comunicava all’Unione dei Comuni “Civitates Sabinae”, che in pari data aveva fatto espressa richiesta di informazioni con nota prot. 5542 (doc.14), di “non aver rilasciato alcuna autorizzazione ai fini della realizzazione di detto intervento”.

Come si vede, trattata(va)si di una mera comunicazione, peraltro sollecitata direttamente ed esplicitamente dall’Unione dei Comuni Civitates Sabinae.

 

Purtuttavia, ancora una volta sul falso presupposto che l’Ente Parco avesse espresso un vero e proprio diniego, la Società Radio Subasio ricorreva nuovamente al TAR Lazio con motivi aggiunti al precedente ricorso, chiedendo l’annullamento del provvedimento, previa sospensione dei suoi effetti.

Ancora una volta, il TAR adito, con ordinanza 20 dicembre 2007 n.6030 (doc.15)ritenendo, nonostante la chiarezza della narrativa contenuta nella comunicazione del 17 ottobre resa dall’Ente Parco, che il provvedimento gravato avesse contenuto provvedimentale negativo e non già meramente dichiarativo, accoglieva l’istanza cautelare avanzata dal ricorrente, in forza del doppio presupposto che da un lato l’art.87 del Codice delle Comunicazioni avesse dettato una disciplina accelerata ai fini della semplificazione del procedimento per l’installazione degli impianti in questione, in ragione della necessità di apprestare gli strumenti per la fornitura di un servizio pubblico, e che, dall’altro, “l’Ente Parco non avesse espresso il proprio dissenso in sede di Conferenza dei Servizi”.

 

Successivamente, in data 9 aprile 2008, l’Ente Parco, andava ad emanare una seconda comunicazione,  anche in questo caso preventivamente sollecitata, avente ad oggetto “Istanza Sig. Mario Settimi in qualità di legale rappresentante della Società Radio Subasio s.r.l. – a seguito della comunicazione del Nulla Osta Idrogeologico (prot. 011778 del 25.1.08”)  (doc.16) in cui si sottolineava che, stante che l’intervento progettato ricadeva pacificamente all’interno di un’area classificata quale Zone di Protezione Speciale (ZPS) “Monti Lucretili” (codice IT6030029) ai sensi della Direttiva 79/409/CEE (cd. Direttiva Uccelli) e si trovava altresì a breve distanza dal Sito di Importanza Comunitaria (SIC) “Monte Gennaro” (codice IT 6030030), ai fini dell’espressione del nulla osta dell’Ente Parco, fosse necessario esperire in via preventiva la valutazione di incidenza, così come previsto sia dalle succitate Direttive che dall’art.5 del DPR 8 settembre 1997 n.357 s.m.i., che di tali Direttive costituisce, come noto, il relativo regolamento di esecuzione. Al contempo, e per questa ragione, l’Ente Parco diffidava Radio Subasio dall’intraprendere qualsiasi tipo di intervento.

 

Ancora una volta, la società ricorrente in primo grado, sempre sul falso presupposto che l’Ente Parco avesse espresso il proprio diniego alla realizzazione del sopra descritto intervento, impugnava con motivi aggiunti anche la nota del 9 aprile, chiedendone l’annullamento previa frattanto la sospensione degli effetti.

Il TAR adito, in data 9 maggio 2008, rendeva l’ordinanza oggetto del presente gravame, accogliendo l’istanza formulata dal ricorrente in primo grado, da un lato ribadendo che il Codice della Comunicazioni aveva inteso accelerare il procedimento autorizzatorio, prevedendo lo strumento della conferenza dei servizi per l’installazione di impianti,quali quello progettato da Radio Subasio, dall’altro, che l’Ente Parco non avesse evidenziato nella sede prevista (la conferenza dei servizi, per l’appunto) la necessità del previo esperimento della valutazione di incidenza.

 

Tanto osservato, l’ordinanza cautelare, articolata nei termini riferiti, risulta illegittima ed ingiustamente lesiva e deve pertanto essere immediatamente sospesa negli effetti, in ragione delle considerazioni in diritto  che qui di seguito si vanno ad illustrare.

 

DIRITTO

 

1)      Inammissibilità del ricorso per motivi aggiunti sotto un duplice profilo.

 

In via preliminare, va eccepita l’inammissibilità del gravame proposto in primo grado con motivi aggiunti.

Invero, il ricorso per motivi aggiunti è, ad avviso di questa difesa, inammissibile in quanto con esso è stato impugnato un atto meramente dichiarativo, che non contiene alcuna manifestazione di volontà dell’amministrazione resistente e che, per gli effetti, non è idoneo ad incidere direttamente sulla sfera giudica della ricorrente.

Invero, attraverso la nota oggetto di gravame in primo grado,  l’Ente Parco ebbe semplicemente a comunicare alla società Radio Subasio che per intraprendere i lavori di installazione dell’impianto trasmittente fosse necessario acquisire la Valutazione di incidenza (il cui rilascio, è bene ribadirlo, non è di competenza dell’Ente Parco, bensì della Regione Lazio) e che essendo l’Ente Parco preposto alla vigilanza ed al controllo delle Zone SIC e ZPS, tale autorizzazione dovesse essere allo stesso trasmessa.

 

Si trattò, come si vede, di una semplice risposta ad una richiesta di informazioni, e non già di un diniego di nulla osta come pure sostenuto dall’odierna resistente.

Ne consegue l’inammissibilità del ricorso per motivi aggiunti.

 

Sotto altro, ma non meno rilevante profilo, il ricorso per motivi aggiunti fu presentato in primo grado dall’odierno resistente in chiara violazione dell’art. 21, comma 1, della legge  1034/1971,  a mente del quale «tutti i provvedimenti adottati in pendenza del ricorso tra le stesse parti, connessi all’oggetto del ricorso stesso, sono impugnati mediante proposizione di motivi aggiunti».

 

Orbene, nel caso di specie, il ricorso per motivi aggiunti sarebbe inammissibile proprio in quanto l’atto impugnato era stato emesso da un soggetto (Ente Parco Naturale Regionale dei Monti Lucretili) che, come rappresentato poc’anzi,  non era parte nel ricorso principale, e quindi per carenza del presupposto essenziale della identità delle parti.

A tale tesi accede la giurisprudenza amministrativa più consolidata, che in più occasioni ha avuto modo di chiarire come «la possibilità di ampliare l'ambito soggettivo del contraddittorio processuale amministrativo è implicitamente contemplata dalla figura dei motivi aggiunti estensivi: l'unico limite all'allargamento della platea dei soggetti evocabili nel giudizio, in ragione degli atti successivamente impugnati, è ravvisabile nella necessaria identità tra le parti della controversia inizialmente instaurata col ricorso introduttivo e quelle successivamente coinvolte nel giudizio mediante i motivi aggiunti» (Cons. Stato, Sez. V, 14/12/2006, n.7448).

Ed ancora: «L'art. 21, comma 1, L. n. 1034 del 1971, nel testo introdotto con l'art. 1, L. n. 205 del 2000, che dispone che tutti i provvedimenti adottati in pendenza del ricorso, tra le stesse parti, e connessi all'oggetto del ricorso stesso, sono impugnati mediante proposizione di motivi aggiunti, è di chiara applicazione nel giudizio di primo grado, essendo sufficiente verificare la connessione, di ordine giuridico e logico, con l'oggetto del ricorso, e l'identità delle parti, per ammetterne la sindacabilità nel medesimo giudizio» (Cons. Stato, Sez. V, 16/10/2006, n.6151).

 Da ultimo: « preliminarmente all’esame del merito dell’atto aggiunto, si deve rilevare però come l'art. 21 comma 1 L. 6 dicembre 1971 n. 1034 (come novellato dall'art. 1 L. 21 luglio 2000 n. 205) consente i motivi aggiunti in relazione a «tutti i provvedimenti adottati in pendenza di ricorso tra le stesse parti».

La norma dunque fa dunque riferimento alla necessità di un’identità soggettiva tra le parti principali del rapporto amministrativo controverso vale a dire, in particolare, l’Autorità emanante e privato leso dall'esito del procedimento (cfr. Cons. Stato, Sez. V 21 novembre 2003, n. 632).

 

Ma vi è di più. Invero, da quanto emerge dalla relata di notifica in calce alla copia passiva del ricorso notificato in primo grado da Radio Subasio, il ricorso per motivi aggiunti che è esitato nell’ordinanza del TAR Lazio oggetto del presente gravame risulta essere stato notificato esclusivamente all’Ente Parco e non anche alle altre parti originariamente intimate, con evidente ulteriore sua inammissibilità. 

 

Tanto basterebbe, invero, a fugare ogni dubbio in merito alla non ammissibilità del gravame proposto in primo grado con motivi aggiunti.

 

2)      Violazione di legge. Violazione dell’art. 6 della Direttiva 92/43/CEE e 5 del DPR 8 settembre 1997 n.357 s.m.i. Violazione di legge sotto ulteriore profilo. Violazione dell’art.13 della legge 6 dicembre 1991 n.394 e 28 della LR 27/97. Travisamento. Illogicità. Errore manifesto. Divieto di integrazione postuma della motivazione.

 

Ferme restando le censure di inammissibilità dedotte al motivo sub 1) del presente ricorso in appello, pare opportuno osservare, nel merito,  come  valutazione d'incidenza   si sostanzi in un   procedimento di carattere preventivo al quale è necessario -  in ottemperanza di un obbligo di pacifica derivazione comunitaria -  sottoporre qualsiasi piano o progetto che possa avere incidenze significative su un sito o proposto sito della Rete Natura 2000 (SIC Siti d'Interesse Comunitario, ZPS Zone Protezione Speciale) , singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti e tenuto conto degli obiettivi di conservazione del sito stesso.

Tale procedura è stata disegnata dall'art. 6, comma 3, della direttiva "Habitat", con lo scopo di salvaguardare l'integrità dei siti attraverso l'esame delle interferenze di piani e progetti non direttamente connessi alla conservazione degli habitat e delle specie per cui essi sono stati individuati, ma in grado di condizionarne l'equilibrio ambientale.

La valutazione d'incidenza si applica sia agli interventi che ricadono all'interno delle aree Natura 2000 sia a quelli che, pur sviluppandosi all'esterno, possono comportare ripercussioni sullo stato di conservazione dei valori naturali tutelati nel sito.

 

In ambito nazionale, la valutazione d'incidenza viene disciplinata dall'art. art. 5 del DPR 8 settembre 1997, n. 357, vale a dire dal Regolamento  attuativo che ha trasposto nell’ordinamento giuridico italiano i paragrafi 3 e 4 della Direttiva 92/43/CEE (cd. Direttiva"Habitat".), come novellato dall’art.6 del DPR 12 marzo 2003 n.120.

Il comma 2 dello stesso art. 5 stabilisce che vanno sottoposti a valutazione di incidenza tutti i piani territoriali, urbanistici e di settore, ivi compresi i piani agricoli e faunistico-venatori e le loro varianti.

Ai fini della valutazione di incidenza, i proponenti di piani e interventi, non finalizzati unicamente alla conservazione di specie e habitat di un sito Natura 2000, presentano uno "studio" volto ad individuare e valutare i principali effetti che il piano o l'intervento può avere sul sito interessato. Lo studio per la valutazione di incidenza deve essere redatto secondo gli indirizzi dell'allegato G al DPR 357/97.

Tale allegato, che non è stato modificato dal nuovo DPR, prevede che lo studio per la valutazione di incidenza debba contenere:

a)    una descrizione dettagliata del piano o del progetto che faccia riferimento, in particolare, alla tipologia delle azioni e/o delle opere, alla dimensione, alla complementarietà con altri piani e/o progetti, all'uso delle risorse naturali, alla produzione di rifiuti, all'inquinamento e al disturbo ambientale, al rischio di incidenti per quanto riguarda le sostanze e le tecnologie utilizzate;

b)    un'analisi delle interferenze del piano o progetto col sistema ambientale di riferimento, che tenga in considerazione le componenti biotiche, abiotiche e le connessioni ecologiche.

Di grande importanza anche il dettato di cui al successivo comma 8 dell’art.5, che formalizza l’obbligo dell’autorità competente all’approvazione del progetto definitivo di un piano ovvero di un intervento ad acquisire in via preventiva la valutazione di incidenza.

 

Secondo quanto disposto sia dalla Direttiva Habitat che  dal DPR 08.09.1997 n. 357, come modificato dal DPR 12.03.2003 n. 120 (cfr. art.5 comma 10), un progetto può essere approvato nonostante la valutazione di incidenza negativa su siti di importanza comunitaria (da ricordare che la rete “Natura 2000”, che comprende, tra l’altro, anche i parchi naturali e parti di essi) solamente quando non esistono soluzioni alternative e quando deve essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico.

Il successivo art.6 comma 2 del DPR prevede, a sua volta, che gli obblighi di concertazione e di espletare la valutazione di incidenza si applichino anche alle Zone di protezione speciale.

Il procedimento  della valutazione d'incidenza è delineato nella guida metodologica "Assessment of plans and projects significantly affecting Natura 2000 sites. Methodological guidance on the provisions of Article 6 (3) and (4) of the Habitats Directive 92/43/EEC" redatto dalla Oxford Brookes University per conto della Commissione Europea DG Ambiente.

La metodologia procedurale proposta nella guida della Commissione costituisce un percorso di analisi e valutazione progressiva che si articola in 4 fasi principali:

1) FASE 1: verifica (screening) - identifica la possibile incidenza significativa su un sito della rete Natura 2000 di un piano o un progetto (singolarmente o congiuntamente ad altri piani o progetti), e porta all'effettuazione di una valutazione d'incidenza completa qualora l'incidenza risulti significativa;

2) FASE 2: valutazione "appropriata" - analisi dell'incidenza del piano o del progetto sull'integrità del sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani o progetti, nel rispetto della struttura e della funzionalità del sito e dei suoi obiettivi di conservazione e individuazione delle eventuali misure di compensazione necessarie;

3) FASE 3: analisi di soluzioni alternative - individuazione e analisi di eventuali soluzioni alternative per raggiungere gli obiettivi del progetto o del piano evitando incidenze negative sull'integrità del sito;

4) FASE 4: definizione di misure di compensazione - individuazione di azioni, anche preventive, in grado di bilanciare le incidenze previste, nei casi in cui non esistano soluzioni alternative o le ipotesi proponibili presentino comunque aspetti con incidenza negativa, ma per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico sia necessario che il progetto o il piano venga comunque realizzato.

 

Questo, come si è detto, solo ed unicamente per quanto riguarda l’obbligo, di stretta derivazione comunitaria, di effettuare la valutazione di incidenza. Il cui oggetto proprio, come si è visto, consiste nell’individuazione di conseguenze significative, e quindi giuridicamente rilevanti,  dell’intervento progettato sul sito della Rete Natura 2000, in relazione al rischio della sua compromissione, con riferimento agli obiettivi di conservazione dell’area tutelata, restando ad esso estraneo ogni intento di salvaguardia dell’equilibrio ambientale complessivo, che andrà invece perseguito mediante altri procedimenti di valutazione ambientale.

 

E’ dunque ora necessario spendere qualche breve cenno in ordine al rapporto intercorrente tra valutazione di incidenza e nulla-osta dell’Ente Parco.

Orbene,, ai sensi dell’art.13 della legge quadro sulle aree naturali protette 6 dicembre 1991 n.394, “il rilascio di concessioni o autorizzazioni relative ad interventi, impianti ed opere all'interno del parco è sottoposto al preventivo nulla osta dell'Ente parco. Il nulla osta verifica la conformità tra le disposizioni del piano e del regolamento e l'intervento ed è reso entro sessanta giorni dalla richiesta.”

La violazione dell'art. 13 viene a sua volta sanzionata penalmente dal successivo art. 30.

Una disposizione di analogo tenore, è inoltre rinvenibile nel disposto di cui al’art.28 (“Nulla osta e poteri d'intervento dell'ente di gestione”) della LR 6 ottobre 1997 n.29, (“Norme in materia di aree naturali protette regionali”) attuativa della legge quadro statale.

 

Invero, come ha avuto modo di chiarire, rectius, ribadire anche di recente  la Terza Sezione della Corte di Cassazione Penale, nella recentissima pronuncia 5 aprile 2007 n.14183, la regola di cui all’art.13 deve ritenersi perentoria ad incondizionata, costituendo  una tipica norma di azione, diretta al solo Ente Parco, con cui il legislatore ha disciplinato il contenuto del provvedimento autorizzativo, vincolante sia per le Amministrazioni sia, indistintamente, per tutti i soggetti interessati all’esecuzione di interventi edilizi di qualsiasi genere all’interno di un parco.

Come più volte chiarito dal Supremo Consesso Amministrativo (cfr. ex multis, CdS VI – 16.11.04 n.7472)  la ragione d’essere della delimitazione dell’area protetta risiede infatti nell’esigenza di protezione integrale del territorio e dell’eco-sistema, con la conseguenza che è necessario che ogni attività umana di trasformazione dell’ambiente all’interno di un’area protetta, vada valutata in relazione alla primaria esigenza di tutelare l’interesse naturalistico, da intendersi preminente su qualsiasi indirizzo di politica economica o ambientale di diverso tipo.

 

Chiarito che  la finalità del nulla-osta dell’Ente Parco  è quella di assicurare il perseguimento di  tutti gli obiettivi di tutela e conservazione sottesi all’istituzione dell’area protetta, laddove, al contrario, la valutazione di incidenza è tesa a verificare l’impatto di un progetto o di un’opera solo su taluni habitat e specie, e segnatamente  su quelli protetti a livello comunitario, non può che concludersi nel senso di ritenere che il nulla-osta, provvedimento di natura onnicomprensiva, non possa essere rilasciato in epoca antecedente rispetto alla valutazione di incidenza. Che della valutazione della compatibilità ambientale di un’opera o di un progetto costituisce evidentemente solo una parte, sia pur assai rilevante.

Invero, in caso di esito negativo della valutazione di incidenza, l’Ente Parco non potrebbe mai rilasciare un nulla-osta, in virtù della già avvenuta dimostrazione che quel determinato intervento ovvero quella determinata opera che si chiedeva essere assentita risulta in concreto foriera di pregiudizio per taluni beni specifici, oggetto di tutela e che, nel provvedimento di diniego, dovranno essere analiticamente indicati.

Al contrario, in caso di esito positivo della valutazione di incidenza, potrebbe verificarsi che l’Ente Parco non si trovi nella condizione di poter legittimamente rilasciare il provvedimento di cui all’art.13 della legge quadro, dall’oggetto, come si accennava, ben più ampio di quello sotteso alla tutela di siti ed habitat. Potrebbe infatti verificarsi che una determinata opera o un determinato progetto, pur non incidendo negativamente sui beni oggetto di tutela comunitaria, presenti elementi di criticità di diversa natura, quali, ad esempio, una difformità rispetto a quanto previsto dagli strumenti urbanistici e/o paesaggistici vigenti in quella determinata area. Va da sé che anche e soprattutto in questo caso, l’obbligo di motivazione del provvedimento di diniego deve intendersi particolarmente pregnante.

 

Quanto precede porta quindi necessariamente a concludere nel senso di ritenere che, laddove una determinata opera o un determinato intervento debbano essere realizzati all’interno di un’area parco, a sua volta designata quale Zona di protezione Speciale e/o come Sito di Importanza Comunitaria, sarà necessario, in via preventiva, espletare la valutazione di incidenza. All’esito della quale sarà poi possibile valutare sotto il profilo ambientale nella sua interezza.

Una soluzione procedimentale opposta, che prevedesse il rilascio del nulla-osta di cui al più volte citato art.13 in epoca antecedente e indipendentemente dalla preventiva effettuazione della pur necessaria  valutazione di incidenza, si atteggerebbe come irrazionale e quando non addirittura  foriera di danno per i proponenti dei progetti e delle opere di cui si fosse chiesta l’assentibilità, costringendo l’Ente Parco, ai fini del rilascio del provvedimento di competenza,  ad un’istruttoria solo parziale, destinata ad esitare  in un provvedimento vertente solo su alcuni aspetti,  da integrare in ogni caso in epoca successiva, in palese divieto del principio di integrazione postuma. Con la conseguenza, in caso di valutazione di incidenza negativa, di dover agire in autotutela per annullamento, o quantomeno per la revoca, del nulla-osta  originariamente assentito.

 

Tanto osservato, si legge nel provvedimento oggetto di gravame come “l’Ente Parco non evidenziò, nella sede prevista della conferenza, la necessità della valutazione oggetto del provvedimento da ultimo impugnato con motivi aggiunti”, quasi ad evidenziare che l’ente sarebbe successivamente decaduto dalla facoltà di proporre una simile eccezione, in un contesto in cui non la sollevò nel 2004 in sede di conferenza dei servizi.

Orbene, il vizio dell’ordinanza impugnata, non solo sotto il profilo della violazione di legge ma dell’eccesso di potere per travisamento, appare a dir poco radicale.

Anche volendo sostenere, non senza un notevole sforzo di astrazione, trattandosi di un obbligo imposto addirittura dal una Direttiva Europea, e vale a dire da una norma di rango ultraprimario, che vi fosse un soggetto cui correva l’espresso obbligo di informare il proponente in merito alla necessità di presentare uno studio di incidenza, questo, se del caso, andava identificato nella Regione, organo competente a rilasciare il relativo parere, e non già all’Ente Parco.

Davvero non si vede come possa oggi addebitarsi all’Ente Parco di non aver informato Radio Subasio, in sede di conferenza dei servizi, della necessità di acquisire preventivamente un atto da un lato normativamente imposto e dall’altro neppure di sua competenza!

Vieppiù, a tacer d’altro,  premesso che in caso contrario si sarebbe comunque versato in una chiara ipotesi di errore non scusabile, che Radio Subasio fosse perfettamente a conoscenza della necessità di acquisire in via preventiva la valutazione di incidenza, è positivamente dimostrato dalla circostanza che, ancor prima della proposizione del ricorso per motivi aggiunti che è esitato nell’ordinanza del TAR Lazio oggetto del presente gravame, la società di era premurata di attivare presso la Regione la procedura per la valutazione dell’incidenza sul sito dell’impianto in parola.

 

Tanto basterebbe, invero, per ritenere fondate le eccezioni sin qui dedotte.

 

3) Violazione di legge. Violazione dell’art.87 D.lgs. 1 agosto 2003 n.259. Travisamento sotto ulteriore profilo.

 

Sotto altro, ma non meno rilevante profilo, nell’ordinanza gravata è dato leggere che, come già evidenziato nella precedente ordinanza 6030/07,  a il Codice delle Comunicazioni “ha inteso semplificare ed accelerare il procedimento di installazione di impianti – tra cui quello in oggetto, tesi alla fornitura di un servizio pubblico, prevedendo lo strumento della conferenza dei servizi per l’acquisizione di tutti i pareri necessari”.

 

Orbene, come si è ampiamente illustrato nel motivo sub 2) del presente ricorso in appello, oggetto di contestazione, da parte dell’odierno appellante, non è invero, la (consolidata) tesi giurisprudenziale a mente della quale il provvedimento autorizzativo finale reso all’esito della conferenza dei servizi prevista dai commi 6 e 7 dell’art.87 del Codice sia idonei a sostituire tutti i singoli atti autorizzativi di pertinenza delle varie Amministrazioni competenti.

Al contrario, da parte di questa difesa, si eccepisce la sussistenza (rectius, l’insussistenza) di  una mera circostanza fattuale, e segnatamente quella che l’Ente Parco, per i motivi che si sono ampiamente illustrati in premessa, non ebbe ad esprimere, né fu messo in grado di esprimere (vuoi per il mancato riscontro della Regione Lazio alla sua richiesta di parere, vuoi per il mancato espletamento della valutazione di incidenza) alcun parere, di segno positivo o negativo che fosse. Una circostanza, questa, già di per sé idonea a ritenere non conclusa la predetta conferenza dei servizi che, non a caso, mai ebbe ad esitare in un provvedimento espresso, così come espressamente richiesto dal comma 10 dell’art.87 richiamato dall’ordinanza gravata.

Né, del resto, nella fattispecie potrebbe ragionevolmente sostenersi la conclusione del procedimento per avvenuta formazione del silenzio-assenso.

Ben due, invero, gli elementi ostativi a tale formazione. In primis, come ampiamente dedotto in sede di memoria di costituzione in primo grado, il nulla-osta dell’Ente Parco di cui al succitato art.28 della LR 29/97, è rilasciato, secondo la normativa vigente nella Regione Lazio (art. 9, commi 7 e 8 LR 6 luglio 1998 n.24 “Pianificazione paesistica e tutela dei beni e delle aree sottoposti a vincolo paesistico”) è rilasciato dall’Ente Parco anche ai fini del vincolo paesaggistico (i parchi regionali risultano infatti ex legge vincolati ai sensi dell’ar.142 del Dlg.s 22 gennaio 2004 n.42 s.m.i), assorbendo il predetto nulla-osta, solo nel caso in cui questo sia stato espressamente rilasciato e che, come tale, sia stato trasmesso alla Regione e al Ministero dei Beni Culturali: “7. A seguito dell'approvazione dei piani delle aree naturali protette, il nulla osta di cui all'articolo 28 della L.R. n. 29 del 1997, rilasciato dall'ente di gestione, assorbe anche l'autorizzazione paesistica ai sensi dell'articolo 7 della L. n. 1497 del 1939 solo nel caso in cui tale nulla osta sia stato espressamente rilasciato. 8. In ogni caso il nulla osta dell'ente gestore è trasmesso alla Regione nonché al Ministero dei beni culturali e ambientali”. La norma, sul punto, è invero chiarissima.

 

Del resto, secondo quello che ben può definirsi un orientamento a dir poco granitico della giurisprudenza sia amministrativa che di legittimità, “all'interno dei parchi (nazionali e regionali), per le modifiche urbanistiche ed edilizie, il legislatore abbia previsto non già un duplice, bensì un triplice controllo: del responsabile dell'ufficio tecnico comunale, al quale è demandato il rilascio del titolo abilitativo edilizio (ai sensi del TU DPR n. 380 del 2001); dell'autorità regionale o di quella delegata al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica (ai sensi del D.Lgs. n. 42 del 2004); dell'autorità del parco (ai sensi della legge n. 394 del 1991)”…” Nè, del resto, in via generale, la circostanza che il rilascio degli ultimi due provvedimenti sia eventualmente attribuito ad un unico organo, si atteggerebbe come idonea a far perdere agli stessi la loro autonomia, con la conseguente necessità di una duplice valutazione in merito (vedi, tra le decisioni più recenti”) (cfr. Cass., Sez. 3^: 15.12.2003, n. 47706; 20.6.2003, n. 26863; 12.5.2003, n. 20738; 11.1.2000, n. 83; 13.10.1998, n. 12917. Nello stesso senso C. Stato, IV , 28.2.2005, n. 714).

 

Ma vi è di più.  Come chiarito di recente proprio da TAR Lazio nella sentenza 22 novembre 2007 n.13241, l’istituto del silenzio assenso, previsto dall’art. 13, comma 1, della legge quadro sulle aree naturali protette 6 dicembre 1991 n.394, secondo cui il tacito silenzio decorsi 60 giorni dalla presentazione dell’istanza di nulla-osta equivale ad accoglimento dell’istanza, deve intendersi tacitamente abrogato dall’art.20 comma 4 della legge 7 agosto 1990 n.241, come modificata dalla legge 14 maggio 2005 n.80.

 

Come è noto, con il provvedimento in parola, il legislatore del 2005 ha inteso generalizzare, rendendolo di immediata applicazione, l’istituto del silenzio assenso, che, tra le ipotesi in cui il silenzio viene ad assumere valore legale tipico di un atto amministrativo, si verifica nel caso in cui la legge attribuisce al silenzio il valore di accoglimento di un’istanza.

 

Purtuttavia, e qui viene in essere il punto nevralgico della questione, la previsione di cui all’art.20 della legge n.241/90 come modificato, subisca una vistosa deroga al comma 4, che testualmente recita: “le disposizioni del presente articolo non si applicano agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l'ambiente, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza e l'immigrazione, la salute e la pubblica incolumità, ai casi in cui la normativa comunitaria impone l'adozione di provvedimenti amministrativi formali, ai casi in cui la legge qualifica il silenzio dell'amministrazione come rigetto dell'istanza, nonché agli atti e procedimenti individuati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i Ministri competenti.”

 

In buona sostanza, attraverso il citato comma 4 dell’art.20, il legislatore del 2005 ha inteso configurare un’ipotesi, speciale e residuale, di silenzio-rifiuto, che si rende applicabile, per i profili che qui strettamente interessano, agli atti e ai procedimenti riguardanti l’ambiente e il patrimonio paesaggistico.

La nuova disciplina dettata dalla legge n.80/05 dovesse intendersi come legge generale, idonea a regolare l’intera materia, sì che  alla stessa dovessero necessariamente adeguarsi ed armonizzarsi tutte le norme procedimentali di settore, ivi comprese, quindi, sia la legge quadro sulle aree naturali protette, sia il Codice delle Comunicazioni. Con la conseguenza che in caso di  contrasto tra le due norme – il cui contenuto è evidentemente incompatibile – non si poteva  far ricorso al principio di specialità che postula l’equivalenza tra le norme stesse, ma, al contrario, doveva necessariamente  applicarsi il criterio cronologico, di cui all’art.15 della preleggi, in base al quale la legge successiva prevale su quella precedente anche se speciale.

In buona sostanza, ha riferito il TAR Lazio nella succitata pronuncia, in presenza di una scelta del Legislatore diretta alla semplificazione amministrativa e all’accelerazione delle decisioni da parte della PA, che  tuttavia, in particolari materie – quali quella riguardante il patrimonio paesaggistico e l’ambiente – esclude espressamente il ricorso all’accoglimento tacito dell’istanza per effetto del mero decorso del termine, non poteva che ricorrere la figura dell’abrogazione tacita per nuova regolamentazione, applicandosi, pertanto, la legge successiva.

 

Non a caso, la Soprindendenza per i Beni Archeologici del Lazio, con nota 6 giugno 2008, conosciuta da controparte siccome anch’essa destinataria del predetto atto, riferiva che “si rammenta agli interessati che la localizzazione dell’impianto trasmittente propriamente detto dovrà essere autorizzata dagli organi competenti del Superiore Ministero, in ragione della prossimità di resti di insediamento medievale… quando anche la localizzazione proposta dovesse essere ritenuta adeguata, si ricorda che, come già richiesto per le generalità degli interventi proposti quale Variante al Piano Territoriale di Coordinamento per la localizzazione degli impianti di emittenza televisiva (PTC) – DRG n.172 del 13.3.07, dovranno eseguirsi, per quanto di competenza, le valutazioni preventive del rischio archeologico previste dagli artt. 95 e 96 del D.lgs. n.163/06”. (doc. 17)

 

Quanto precede porta necessariamente a concludere, sia sul piano logico che su quello strettamente normativo, che debba ritenersi errata la prospettazione a mente della quale la conferenza dei servizi possa ritenersi conclusa ed il provvedimento conclusivo positivamente formato per silenzio-assenso, a ciò ostando, precise disposizioni normative, e risoltosi nell’omissione di un passaggio procedimentale obbligatorio, quale è la preveniva acquisizione del nulla-osta dell’ente Parco, che a sua volta, per poter essere espresso, anche in sede di conferenza dei servizi, abbisognava, per i motivi poc’anzi illustrati,  dell’acquisizione in via preventiva della valutazione di incidenza.

SULL’ISTANZA DI SOSPENSIVA

 

 

Limitatamente alla sussistenza del  “fumus” si rinvia ai motivi del ricorso in precedenza indicati.

Quanto al periculum in mora nel caso di specie dalla sentenza impugnata discendono nei confronti del ricorrente quei "danni gravi ed irreparabili ", vale a dire quella tipologia di danno idoneo a determinare una situazione di irreversibilità in relazione alla quale la tutela giurisdizionale non potrebbe conseguire quegli scopi di giustizia sostanziale cui è preordinata.

CONCLUSIONI

 

In accoglimento del ricorso, contrariis reiectis, si chiede che, previa sospensione dell’efficacia, sia riformata  l’ordinanza del TAR Lazio oggetto di gravame, con ogni consequenziale statuizione anche in ordine alle spese del doppio grado di giudizio.

IN VIA ISTRUTTORIA

 

e senza pregiudizio per l’istanza cautelare sopra formulata, si chiede di ordinare alla Regione Lazio, in persona del Presidente  p.t., di depositare in giudizio tutte gli atti relativi al procedimento avente ad oggetto l’impugnato provvedimento.

 

Con vittoria di spese, diritti e onorari di causa del doppio grado di giudizio.

 

Ai sensi del pagamento del contributo unificato, si dichiara che il presente processo è esente, in quanto trattasi appello proposto avverso ordinanza cautelare.

 

Si depositano, in copia fotostatica, i documenti come da separato elenco.

 

 

Roma, 9 luglio 2008

 

                                                                              Avv. Alessio Petretti

 

 

Relata di notifica

 

Io sottoscritto Avv. Alessio Petretti, in qualità di difensore della parte istante, ho notificato, previa autorizzazione n.________ del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma ex art. 7 della L. 21 gennaio 1994 n. 53, mediante spedizione in plico raccomandato A.R., ai sensi dell’art. 3 della cit. L. n. 53 del 1994, il suesteso atto:

 

 

Radio Subasio s.r.l., rappresentata a difesa dall’Avv. Claudio Chiola ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, Via della Camilluccia 785 ivi consegnandone copia conforme a mezzo del servizio postale, Ufficio Roma ____ con raccomandata A/R n. ____________________in data corrispondente a quella del timbro postale

 

 

Comune di San Polo dei Cavalieri, rappresentato e difeso dall’Avv. Paolo De Camelis, e domiciliato in Roma, Via D. Azuni 9 – 00196 ivi consegnandone copia conforme a mezzo del servizio postale, Ufficio Roma ____ con raccomandata A/R n. ____________________in data corrispondente a quella del timbro postale

 

 

 

 

 

 

Comune di Marcellina, rappresentato e difeso dall’Avv. Mauro Fiore e domiciliato in Roma, Via Giuseppe Chiovenda 106 -  00173 ivi consegnandone copia conforme a mezzo del servizio postale, Ufficio Roma ____, con raccomandata A/R n. ____________________in data corrispondente a quella del timbro postale

 

 

 

 

                                                                                         Avv. Alessio Petretti